Red Bull, ti mette le ali
Da una intuizione, si fonda un impero
Red Bull, dal lontano 1987 ha costruito un impero dal nulla
Dietrich Mateschitz, il patron di Red Bull, lo potremo sicuramente definire un Self-made man «Quando abbiamo iniziato, ci siamo detti: “Non c’è mercato per il nostro prodotto. Lo creeremo noi”» ha dichiarato l’austriaco Dietrich Mateschitz, patron della società Red Bull.
Oggi è a capo di un impero che distribuisce l’energy drink in oltre 170 Paesi. Un brand che vale più di 10 miliardi di dollari, con 12mila dipendenti e un fatturato di 6 miliardi. Mateschitz è al 37esimo posto nella classifica 2018 degli uomini più ricchi del mondo.
Tutto è partito da un’intuizione: il prodotto, sconosciuto nel mondo occidentale, era molto popolare in Oriente come rimedio utilizzato dagli operai per combattere la fatica del lavoro in fabbrica e dai camionisti per evitare di addormentarsi alla guida di notte.
Dietrich , si è chiesto: Perché non importarlo in Europa?
Non certo uno stacanovista dello studio/lavoro, per ottenere la laurea in economia e commercio all’Università di Vienna, infatti, Mateschitz ha impiegato dieci anni: i suoi compagni ricordano che era interessato più alle feste e alle donne che agli studi.
L’idea è nata durante un viaggio in Oriente
«Tutti quei manager che vivono costantemente con la valigia in mano, in verità hanno solo due tipi di destino: il divorzio o l’alcolismo» ha dichiarato Mateschitz. Eppure il suo business è nato proprio nel corso di un viaggio in Oriente. E a questo punto inizia la leggenda.
Secondo alcuni, tutto ha inizio con un viaggio in Thailandia, dove per combattere la sensazione di jet lag Mateschitz prova la Krating Daeng (“bufalo rosso d’acqua”). La bevanda, venduta in farmacia come tonico ed energizzante, in un istante permette a Mateschitz di sentirsi di nuovo fresco e riposato.
Secondo altri invece, durante una giornata di lavoro all’hotel Mandarin di Hong Kong, Mateschitz trova sul Newsweek un articolo sui maggiori contribuenti del Giappone: tra di loro non figurano il “signor Sony” o il “signor Toyota”, bensì l’azienda Taisho Pharmaceutical, produttrice della bevanda Lipovitan.
Mateschitz inizia a studiare il mercato degli energy drink, al tempo ancora poco conosciuto in Europa ma già molto sviluppato in Asia. Difficile stabilire con chiarezza come siano andate veramente le cose. Secondo la rivista americana Selling Power, il Krating Daeng non era coperto né da un brevetto di invenzione, né da un marchio.
In ogni caso, nel 1984, Mateschitz abbandona il lavoro da manager e si mette in società con il thailandese Chaleo Yoovidhya. I due soci investono rispettivamente 500 mila dollari e hanno a testa il 49% di quote aziendali. Il restante 2% va al figlio di Yoovida e l’azienda è diretta da Mateschitz. I tre anni successivi sono fondamentali per l’avvio dell’attività.
Red Bull era quasi considerata una droga capace di creare dipendenza, a causa del contenuto di caffeina e taurina, per ottenere l’autorizzazione ci sono voluti mesi.
Mateschitz rifiuta più di 50 progetti. Alla fine si decide per un logo rosso con due tori che si scontrano e uno slogan pubblicitario che ancora oggi è il leit motiv aziendale: «Red Bull ti mette le ali».
«La gente non apprezzava il gusto, il logo, il nome. Ma nemmeno questo riuscì a fermarmi: perché è proprio la controversia quella che può mantenere un prodotto vivo» ha spiegato Mateschitz. Che con un team di sei venditori ha iniziato a battere l’Austria a tappeto, presentandosi in tutti i bar e gli outlet locali. «Quelli sono stati i peggiori anni della mia vita» ha ammesso alla stampa. Nessuno voleva saperne di Red Bull, spesso confusa con una medicina. Così Mateschitz ha iniziato a rivolgersi ai punti vendita delle stazioni di servizio.
Negli anni ’90 la popolarità di Red Bull è aumentata anche grazie a strategie di marketing non tradizionali. «Abbiamo sempre prediletto un punto di vista più creativo. Noi non portiamo un prodotto ai clienti, portiamo i clienti al prodotto. Red Bull non è un drink, è uno stile di vita» spiega Mateschitz.
Intanto, dal 1987 a oggi, sono state vendute quasi 70 miliardi di lattine. Sono oltre 100 i suoi competitor, ma nulla sembra intimorire Mateschitz che così commenta la concorrenza: «Quando ti piace il Rolex vuoi quello originale, non quello falsificato a Taiwan».